Pubblicato su politicadomani Num 88 - Febraio 2009

Ricordando Don Sturzo
Il Mezzogiorno salvi il Mezzogiorno
Nel novantesimo dell’Appello ai “Liberi e forti” si è tenuto a Napoli il 16 e17 gennaio un convegno che ha visto, fra gli altri, la partecipazione del prof. Marco Vitale, un economista del Nord con la passione per il Sud. Queste le sue conclusioni

di Marco Vitale

La verità comincia guardando i fatti
Tra i tanti insegnamenti che Don Sturzo ci ha lasciato ce n’è uno al quale sono sempre più legato: senza verità non c’è libertà. È una elaborazione dell’evangelico: sia il vostro dire sì quando è sì e no quando è no. O dell’anglosassone: think straight, talk straight . Tutto incomincia dalla verità o perlomeno dalla ricerca della verità, dall’agire in spirito di verità. Senza verità non si va da nessuna parte. E la verità incomincia guardando i fatti nella loro, talora, amara realtà, con oggettività anche se con amore. Guardando i fatti, la situazione del Mezzogiorno, nel suo insieme, e pur con situazioni molto diverse tra loro, è molto cattiva. Non per mancanza di capitale o per mancanza di infrastrutture o per mancanza di una banca del Sud come, pateticamente, sembra credere il ministro Tremonti, o per altre sciocchezze di questo tipo. Ma piuttosto per mancanza di senso di responsabilità, per scarso senso civico, per disonestà diffusa, per assistenzialismo, per aver ceduto sempre più terreno al potere della violenza e dell’illegalità, per una classe politica immonda, per una classe dirigente e professionale prevalentemente o complice o ostaggio.
Vi prego di non prendere queste parole come dettate da un improprio senso di superiorità, tipico dei nordisti presuntuosi. Sono pienamente consapevole che questi sono mali nazionali, comuni, nei quali tutti siamo immersi. E conosco bene le centinaia di poliziotti, di magistrati, sacerdoti, giornalisti meridionali che sono caduti per difendere la dignità e la libertà di tutti noi, autentici eroi civili nazionali. Ma, nel Nord, per ragioni storiche, per una maggiore vicinanza all’Europa centrale, per un maggior spessore dell’economia e quindi un maggiore grado di autonomia della società dalla politica, la resistenza contro questi mali è, per ora, più vigorosa, ma la situazione sta precipitosamente peggiorando anche da noi. Abbiamo meno bisogno di eroi e non a caso la grande maggioranza di questi eroi civili sono uomini del Sud o, comunque, caduti al Sud.
La situazione del Mezzogiorno è, dunque, pessima da un punto di vista civile, politico, antropologico, morale e, quindi, anche economico. L’attuale crisi finanziaria ed economica globale, colpendo maggiormente i più deboli ed i più piccoli colpirà in misura accentuata il mezzogiorno che farà, economicamente, un altro passo indietro, se nulla cambia. Ma può anche essere un’opportunità se susciterà una adeguata reazione. Se guardiamo a Napoli, una città dalle potenzialità straordinarie, alla Calabria che potrebbe essere un paradiso turistico ed agro-alimentare, alla Sicilia che potrebbe essere una delle regioni più potenti del Mediterraneo, alla Puglia regione ricca di autentiche imprenditorialità, si resta esterrefatti e trasecolati. Come è stata possibile una tale catastrofe? Non è possibile rassegnarsi a questo disastro. Don Sturzo insegna che saper guardare in faccia la realtà non vuol dire alimentare una visione pessimista o lasciar spegnere la speranza. Vuol piuttosto dire prendere coscienza della intensità  e della qualità degli sforzi necessari per risanare la situazione, senza mai lasciarsi scoraggiare. È un atto di speranza e di ottimismo. Ma occorre reimpostare una cultura della vita, senza scoraggiamenti, come sta facendo Don Antonio Loffredo con i suoi giovani del Rione Sanità a Napoli.

Un grandissimo sindaco
Don Sturzo fu un grandissimo sindaco della sua Caltagirone per ben quindici anni (dal 1905 al 1920) e nel suo governo fece cose così innovative nei rapporti tra Comune e cittadini che ancora oggi a Milano ce le sogniamo. Eppure alla fine, vide il suo Comune espugnato dai fascisti alleati con i caprari e le componenti peggiori della città. Sul piano nazionale, percependo il pericolo incombente, lanciò l’appello a “tutti gli uomini liberi e forti” e fondò il partito popolare; ma pochi anni dopo fu soccombente di fronte al regime fascista alleato con la Chiesa nel mandarlo in esilio. Ritornato in Italia e proprio a Napoli il 6 settembre 1946, Sturzo combatté le sue ultime due grandi battaglie. La prima per la sua amata Sicilia che voleva autonoma, forte, ed in sviluppo civile ed economico. E fece in tempo a vedere la sua speranza e il suo impegno per quella che poteva essere la Catalogna d’Italia, naufragare in una delle regioni peggio amministrate d’Europa e, credo, del mondo, vittima di una classe dirigente dominata da incompetenti, ladri, mascalzoni e mafiosi e da un soffocante centralismo regionale. La seconda battaglia fu contro lo statalismo assistenziale, clientelare e corruttore. E anche qui perse su tutta la linea. Sembra il bilancio di un perdente. Eppure come il nostro grandissimo patrono S. Francesco; come Garibaldi l’eroe disinteressato che più di ogni altro si batté per un’Italia unita ma che voleva ben diversa da quella centralista che lo costrinse a isolarsi a Caprera; come Carlo Cattaneo, l’inascoltato profeta di un’Italia federale; come Teresio Olivelli, il ribelle per amore, che dal sacrificio della Resistenza sognava, come tanti giovani come lui, un’Italia rigenerata, Don Sturzo appartiene alla eletta schiera degli italiani apparentemente perdenti ma vincitori. Perché dopo cinquant’anni dalla morte è ancora ai suoi insegnamenti che dobbiamo rifarci per alimentare la speranza di un presente e futuro migliore per il Mezzogiorno e per l’Italia. Ed è per questa consapevolezza di seminare per il tempo lungo oltre che per la sua profetica fede cristiana che Don Sturzo non si lasciò piegare da nessuna sconfitta ma sino all’ultimo alimentò in chi gli era vicino la speranza e l’azione.

Le forze su cui contare
Ma su quali forze può contare oggi il Mezzogiorno per tentare una così difficile rinascita? Se non c’è più, fisicamente, Don Sturzo ( e questi miracoli non si possono inventare; li manda la Provvidenza quando ritiene di mandarli) ci sono almeno delle reti su cui poter contare (camorra, mafia, ‘ndrangheta, criminalità, sono reti potenti ed efficienti)? Io giro molto nel Mezzogiorno e ho visto, una dopo l’altra, spegnersi tante speranze. Ho visto spegnersi ogni speranza nei partiti, diventati tutti senza distinzione pure e semplici truppe d’occupazione; nei sindacati che hanno sperperato il loro indubbio potere; nelle associazioni imprenditoriali che, con l’eccezione di alcuni meritevoli sprazzi in Sicilia, hanno mostrato tutta la loro impotenza (dalla Confindustria nazionale non viene più una voce, un indirizzo, un grido, un conforto!) ed, in regioni come la Calabria, la loro collusione con le peggiori forze del male; nei sindaci per bene di sinistra, uno degli sviluppi nuovi e più interessanti degli anni ’90, un autentico dono per la sinistra  e che aveva suscitato nuove simpatie per la partecipazione pubblica, ignorato se non vilipeso e colpevolmente disperso dal PDS. Io giro  nel Mezzogiorno e trovo ancora solo due reti che si battono per un Mezzogiorno migliore. La Polizia che dai tempi dell’assassinio di Falcone e Borsellino continua a battersi con un impegno ed un’efficacia esemplari e con risultati confortanti, guidata da persone di  grande competenza ed affidabilità. E la seconda rete, è quella dei sacerdoti. Se girando nel Mezzogiorno trovo qualcuno che aiuta veramente i giovani, qualcuno che si batte per una vita più dignitosa, qualcuno che anima e sostiene il volontariato, qualcuno che tiene alta la bandiera della speranza, qualcuno che cerca di passare dall’icona della subalternanza all’icona del riscatto, qualcuno con il quale si può parlare di cose serie in modo serio, in spirito di verità ed amore, questi, nove volte su dieci, è un parroco. E se sento o leggo di qualcuno che, a voce alta e con grande dignità, parla con forza ed appropriatezza, dei mali della città, staccandosi dai troppi prudenti silenzi del passato, questi, due volte su tre, è un vescovo.
Io credo che esista un legame tra questi fatti e la sottana del pretino Don Sturzo che correva a destra e a manca per impegnarsi per un Comune più civile e meno feudale, per fondare cooperative di lavoro e bancarie a favore dei poveri contadini, per promuovere scuole e altre istituzioni utili alla crescita civile ed economica del popolo, a tessere reti di complicità con tanti altri giovani preti animati dagli stessi sentimenti, sotto l’occhio vigile ma compiaciuto di vescovi dalla grande visione come il suo vescovo Saverio Gerbino. Il legame è nella fede nell’uomo; è nello spirito, mai piegato dai fatti, della speranza cristiana. È nella fede nella forza della verità e della libertà, come colse perfettamente il profeta laico Gaetano Salvemini, un altro grande uomo del Sud: “ Il clericale domanda la libertà per sé in nome del principio liberale, salvo poi a sopprimerla negli altri, non appena gli sia possibile, in nome del principio clericale. Don Sturzo non è clericale. Ha fede nel metodo della libertà per tutti e sempre. È convinto che attraverso il metodo della libertà, la sua fede prevarrà sull’errore delle altre opinioni per forza propria, senza imposizione più o meno oblique. E questo, credo, era quel terreno comune di rispetto della libertà di tutti e sempre che rese possibile la nostra amicizia, al di sopra di ogni dissenso ideologico”.


Una rete di persone perbene
Ma è necessario integrare queste due reti con una nuova rete che riunisca, colleghi, rianimi tutte le tante persone perbene e sofferenti che vivono e lottano nel Mezzogiorno,e le loro aggregazioni, che esistono, fanno un grande lavoro ma sono isolate, una rete che riunisca tutti gli uomini e le donne libere e forti. Ma queste aggregazioni non devono fermarsi davanti al compito di entrare nelle istituzioni. Se si muovono isolatamente devono diventare come chi ci governa. Ma se si muovono in rete possono fare qualche cosa. Don Sturzo, giovane pretino, organizzò i cattolici di Caltagirone per conquistare il Comune. E lo conquistò. Il palazzo è così corrotto da essere molto più debole di quanto pensiamo.
Noi non siamo né storici, né fanatici di Don Sturzo. Siamo suoi rispettosi allievi nella continuità del pensiero e della testimonianza cristiana. Siamo cittadini che amano il proprio Paese ed il Mezzogiorno e che vogliono semplicemente far capire che Don Sturzo è ancora tra di noi e, con il suo grande attualissimo pensiero, può ancora indicarci la Via, può ancora aiutarci.

 

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